Visita aritmologica

L’aritmologia e l’elettrofisiologia cardiaca sono due branche specifiche della cardiologia che si occupano, la prima in maniera clinica e non interventistica, la seconda in maniera prettamente più interventistica, dello studio e del trattamento dei disturbi del ritmo cardiaco, ovvero delle aritmie cardiache.

La visita aritmologica è quindi la visita specialistica, eseguita da un medico specialista in cardiologia o malattie dell’apparato cardiovascolare e ulteriore specializzazione in aritmologia ed elettrofisiologia cardiaca, finalizzata a stabilire un iter diagnostico-terapeutico in un paziente con aritmie cardiache o con sintomi suggestivi della presenza di un’aritmia cardiaca.

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Quando si effettua e a che cosa serve la visita aritmologica?

La visita aritmologica è fondamentale per la diagnosi e il trattamento di tutte le aritmie cardiache, siano esse bradiaritmie o tachiaritmie. È importante per la formulazione di una strategia diagnostico-terapeutica in pazienti con sintomi suggestivi di aritmie, quali batticuore (palpitazioni o cardiopalmo), stanchezza (astenia), facile affaticabilità, mancanza di fiato (dispnea), dolore toracico, giramento di testa e senso di svenimento (lipotimia), vertigini, svenimento (sincope) e arresto cardiaco. È essenziale per l’avvio o l’ottimizzazione del trattamento in pazienti che hanno già una diagnosi di aritmia cardiaca. È, infine, estremamente utile nella valutazione, stratificazione e gestione del rischio aritmico in pazienti con severa cardiopatia strutturale (es. scompenso cardiaco, pregresso infarto miocardico, cardiomiopatia dilatativa idiopatica ad evoluzione ipocinetica, cardiomiopatia ipertrofica, cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, etc.) o con malattie elettriche primitive del cuore (sindrome del QT lungo, sindrome del QT corto, sindrome di Brugada, etc.).

La visita aritmologica, così come la visita cardiologica, si compone di cinque fasi distinte:

  • Anamnesi: è la raccolta, accurata e completa, di tutte le informazioni cliniche del paziente. Si basa, in questo caso, su tre step. Nel primo, si raccolgono le informazioni in merito ad allergie, stile di vita, familiarità per cardiopatie e/o morte improvvisa, pregresse patologie, pregressi interventi chirurgici subiti, fattori di rischio cardiovascolari e farmaci assunti. Nel secondo step, invece, ci si focalizza sulla storia cardiologica e sull’identificazione di eventuali cardiopatie sottostanti. Nel terzo step, invece, si valutano in dettaglio i sintomi e tutti i tracciati elettrocardiografici (ECG) in possesso del paziente, al fine di identificare con precisione l’aritmia cardiaca. L’anamnesi, assieme all’analisi dei tracciati ECG, è sicuramente la parte più importante della visita aritmologica, e, per la sua buona riuscita, è chiaramente essenziale che il paziente porti con sé, al momento della visita, tutta la documentazione clinica precedente in suo possesso (sia cardiologica che non).
  • Esame obiettivo cardiologico: presuppone l’ispezione, la percussione e l’auscultazione dell’area cardiaca, della regione polmonare e dei principali assi vascolari. Include sempre anche la misurazione della pressione arteriosa. Nella visita aritmologica, l’esame obiettivo può fornire informazioni preziose in merito alla presenza di una cardiopatia sottostante ma, giacché non molto spesso l’aritmia è presente al momento della visita, raramente apporta utili informazioni al raggiungimento della diagnosi aritmologica.
  • Elettrocardiogramma (ECG): l’ECG a 12-derivazioni è l’esame principe nella diagnostica cardiovascolare e ancora di più nella diagnosi aritmologica. Si può tranquillamente affermare che non esisterebbe l’aritmologia in assenza dell’elettrocardiografia. L’ECG, oltre infatti ad essere economico, veloce da eseguire e disponibile ovunque, è l’unico strumento diagnostico disponibile nella pratica clinica in grado di fornire informazioni sull’attivazione elettrica cardiaca. Fornisce anche informazioni indirette di tipo strutturale, ma in quest’ambito, l’ECG può essere sostituito (e spesso migliorato) dall’utilizzo di altre tecniche diagnostiche di imaging, ad esempio l’ecocardiografia e/o la risonanza magnetica. Ma nessun esame è in grado di apportare informazioni in merito al ritmo cardiaco, se non l’ECG. E questo è valido fin dal 1903, data in cui il fisiologo olandese Willem Einthoven inventò l’elettrocardiografia. Giacché, come abbiamo visto in precedenza, spesso l’aritmia non è presenta al momento della visita, è essenziale poter analizzare i tracciati ECG eseguiti in altri momenti in corso di aritmia.
  • Conclusioni: si sintetizzano tutte le informazioni ottenute e, a seconda della completezza o meno dei dati raccolti, si formula una diagnosi, presuntiva o di certezza.
  • Strategia diagnostico-terapeutica: lo step finale è decidere un trattamento adeguato, una volta raggiunta una diagnosi di “certezza”, o stabilire i successivi e necessari step diagnostici, in caso di diagnosi ancora presuntiva.
  • In sintesi, quindi, i due elementi essenziali della visita aritmologica sono l’analisi dei tracciati ECG eseguiti in corso di aritmia e l’identificazione della presenza di eventuali anomalie strutturali cardiache. Un’attenta valutazione di questi due elementi permette, nella stragrande maggioranza dei casi, il raggiungimento di una diagnosi precisa e l’avvio di un adeguato ed efficace trattamento.

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